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Ciao sono Agnese e vorrei parlarti di come vive una persona con acondroplasia. 

L’acondroplasia non è un'anomalia, è una condizione fisica. 

Vorrei parlartene per normalizzare quella che viene definita una diversità.  Riflessioni e racconti fatti di esperienza per farti vedere il viaggio della vita. La prima cosa da prendere in considerazione è l’autonomia per la costruzione della propria identità, trovando strategie e soluzioni dove sembra impossibile, questo comporta la consapevolezza di sé, delle proprie possibilità e dei propri limiti della padronanza di azione.  La seconda cosa da considerare è porsi degli obiettivi e cercare di raggiungerli, questo permette di trovare un posto nel mondo e potersi esprimere per ciò che si è. 

La terza è scoprire e riconoscere le proprie capacità e competenze non tanto per aumentare l’autostima ma per realizzare ciò che siamo. 

Per questo ho voluto creare questo spazio, per parlarti appunto di una quotidianità normale, di cui si fa fatica a parlarne.

Si considera il mondo li fuori diverso da ciò che vive una persona con acondroplasia, si definisce a volte un mondo alto, quando invece le cose non cambiano finchè non cambi tu perchè il mondo lì fuori è il mondo che vivi, e gli altri sono tutte le persone con le quali entri in relazione (non sono tutti estranei alla tua vita). Sembra paradossale, quasi impossibile ma la vita che conduci è la tua vita. Ci sono quindi le possibilità che hanno tutte le persone: studiare, lavorare, giocare, fare sport, ma anche scegliere, agire, cambiare, adattare, rimodellare, ricominciare. 

Quello che fa la vera differenza è chiederti sempre cosa puoi fare e cosa non puoi fare, stilare una lista di queste cose, e se trovi qualcosa che non va ci possiamo sentire nel blog o nei canali social. Lo scambio di esperienze e la condivisione porta sempre ad una crescita, per questo, ho aperto questo spazio e questo tempo. Ti aspetto quindi al prossimo racconto.  

Le paure corrugano il viso, gli occhi si fanno piccoli e le spalle si chiudono, i desideri  fanno risplendere, è il gioco della vita, non tanto banale e nemmeno tanto semplice, ma è il gioco che sto conducendo come protagonista.

Non è un’autostrada la vita, essere persone con disabilità non significa vivere vite parallele in una società parallela fatta di cose su misura, percorsi diversi, opportunità ridotte, la strada è per tutti c’è chi corre e chi cammina, chi fa strada con famiglia, figli, chi con un lavoro arriva agli alti vertici, chi invece si dedica alla passione che magari è rimasta nascosta per troppo tempo. La società è il luogo dei rapporti che ci consente di diventare quello che siamo, riusciamo ad esprimerci con l’autonomia, la nostra identità, la sicurezza, le varie capacità, e l’identità personale. E’ un percorso di cambiamento, di come si pensa, si guarda si percepisce e come ci si percepisce, ci si guarda. Siamo come in un campo di fiori non tutti hanno la stessa forma e gli stessi colori, non tutti hanno le stesse dimensioni ed così è per la varietà umana. In una società dove il corpo di un disabile è “reso invisibile” perché non risponde a certi standard estetici di perfezione e di funzionalità dare questa possibilità diventa un atto rivoluzionario, cambia la vita, la percezione di ciò che condividi. 

Mi muovo in un corpo che non ha la migliore delle andature, e ogni giorno in ogni ambiente devo interagire con qualcuno che pensa che la mia semplice esistenza su questo pianeta sia una barzelletta. Quando ero piccola e camminavo in un posto pubblico controllavo a distanza per capire chi sarebbe stato il primo a dire qualcosa, inevitabilmente qualcuno lo faceva nella maggior parte dei casi era un “non è carina” o un “guarda quella” oppure ancora “c’è una nana, dove sta andando”. Ma a volte quelle domande avevano un senso più crudele che entrava nel profondo, era qualcosa di più oscuro. Si mettevano le mani sulla bocca e ridevano cercando di guardare altrove ma intanto avvisavano i loro amici. Ho imparato a leggere il labbiale a forza di vedere persone pronunciare sottovoce la parola “nano”, “eccola”, “sta arrivando”. Andare a fare la spesa, andare in farmacia, fare colazione al bar, è come avere i miei paparazzi, certe volte non cercano nemmeno di nascondere il loro divertimento. Cammino in un centro commerciale, oltrepasso un negozio qualcuno mi vede e allora porta tutta la famiglia davanti alla vetrina del negozio a ridere e prendersi gioco di me. La mia vita per loro è uno scherzo, allora chi mi conosce mi dice: “cerca sempre di mostrare che è normale, che va bene così”. E per me va bene così, non può essere diversamente. Ho pensieri, sentimenti e desideri come gli altri, vivo da un punto di vista differente, vedo le cose sotto un’altra lente, e mi chiedo ma la normalità cos’è?

Il corpo parla di me, dei desideri, dei sogni, delle paure e delle frustrazioni, cambia insieme alla storia della vita, ma non ci sarà nulla e nessuno che lo cambierà solo la bellezza dell’anima che mi abita e fa della vita un’avventura da vivere e amare. 

Ho aperto il blog e il sito che ti invito ad andare a vedere proprio perché scrivendo di me stessa posso rispondere in tutta sincerità raccontandoti una parte della mia vita che non si conosce, che non si immagina per la quale ci si pone domande senza però trovare una risposta…   qui puoi leggere, puoi scrivere, puoi condividere, puoi dirmi cosa ne pensi… lo spazio è aperto perché lo scambio sia una possibilità data a tutti per poter interagire, crescere e maturare insieme 

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