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Immagine del redattoreChiara Girardi

Giornata internazionale diritti persone con disabilità

Parlare di disabilità potrebbe condurre a pensare di dover rendersi pietosi, il passaggio utile da fare è rendere la disabilità non discriminatoria, valorizzare le diversità per le loro unicità, mi piace pensare che dato il linguaggio comune normali e disabili, anche tra le persone normali ci siano delle diversità, ognuno con il suo percorso di vita e con la sua vita vive ed esprimere la sua personalità. Ma allora cos’è la disabilità? Sembra quasi inutile parlarne? Non credo data la continua stigmatizzazione su questa espressione “diversamente abile”, “disabile”, “sfortunato”.

Si dice che i pensieri creano le parole e le parole creano azioni. Credo ci sia da lavorare al contrario, sul linguaggio per cambiare il pensiero, perché abbiamo un’idea sbagliata di disabilità, se cambiamo pensieri e parole, cambiano anche le esperienze che viviamo. Non ha importanza la nostra provenienza, non conta quanto sia stata difficile la nostra infanzia, quello che conta è che possiamo realizzare dei cambiamenti positivi. Si tratta di un concetto potente e, allo stesso tempo ci libera. La bellezza di questo sta nel pensare che è possibile per tutti, accettare la condizione fisica, il disagio, accogliere sé stessi ognuno nella propria forma nella presenza, nel vivere diverso ma adattabile, allora anche gli altri accoglieranno questa vita, questa presenza, questa forma.

Non esitate a fare domande sulla disabilità, non sono le domande che spaventano ma gli occhi che sondano in cerca di risposte automatiche che non esistono, esiste solo l’esperienza della persona nella sua globalità e non prendendo un pezzo di se e un pezzo di ma, ma tutto ciò che costituisce la persona, esiste appunto la disabilità che quella persona vive con il proprio corpo “obbligato” e stretto in quella “limitazione” ma prima di tutto c’è la persona, il resto è una “caratteristica o condizione”.

C’è bisogno di aiutare le persone a relazionarsi con la diversità vedendo in essa tutte potenzialità che sono comuni ad ogni persona, le diversità ci rendono unici. Nella nostra società lo stereotipo del corpo è radicato in connotati fisici che costringono ad omologarsi, e tutto ciò che ci allontana dallo stereotipo crea distanza nella relazione e questo ci ingabbia nella convinzione di non essere all’altezza, di non poter attirare l’attenzione se non per curiosità o pietismo.

«Dai miei 130 cm posso vedere, sentire, amare, incontrare, mi sono allontanata a piccoli passi, dal giudizio che sentivo arrivare dagli altri e che automaticamente mi autoinfliggevo dicendomi: io chi potevo essere e cosa potevo fare crogiolandomi sul mio non essere. »

Ad un certo punto della vita ho iniziato a mettere la testa fuori dalla tana, ho scoperto che io posso, e soprattutto io lo devo a me stessa: l’amore per me. Rendere consapevole una persona la aiuti ad essere libera. Renderla autonoma la fai crescere. Rendere una persona cosciente di ciò che la abita aiuta a sostenere i suoi passi è farle scoprire la vita. Rendere una persona alla vita, le doni la possibile di rinascita e di scoperta di sé, sentire la vita in pienezza, dal respiro al cibo, dalla natura al semplice sguardo con un'altra persona.

Ho iniziato a percepire le parole in maniera diversa: amore e amare, voler bene, abbracciare e guardare negli occhi, iniziare ad amare a distanza, e anche per la parola solitudine ho rivisto il suo senso, il suo lato positivo. Ho iniziato a ri-comprendere il significato del fatto di esserci per l’altro in giusta misura, senza invidia, senza gelosia, ma sapendo che ognuno compie il proprio percorso di scoperta di sè.

Ma c’è un’altro punto che diventa sempre difficile da affrontare e solo citare la parola può rendere muto il linguaggio. Dove sta la problematica sessuale nella disabilità? Prima di tutto nel contesto in cui cresci, se non hai alla base dei genitori che ti sostengono e ti aiutano in questo senso non riesci a vivere a pieno nulla di ciò che ti è dato perché tutto ti sembra precluso a priori, tu non puoi, tu non devi, tu non sei all’altezza di vivere e di provare e da qui oltre che alla difficoltà a livello più intimo sessuale c’è la difficoltà relazionale, perché se tu inizi a credere che non puoi, non devi, non ti è permesso perchè gli altri decidono per te, allora inizi a non credere più in nessuna relazione, anche l’amica più fidata diventa nessuno per te.

La disabilità non preclude la possibilità di vivere l’affettività e la sessualità, avevo e ho gli stessi bisogni di tutte le persone, il “problema” è trovare qualcuno con cui viverle che poi non diventi violenza o una modalità per vedere qualcuno da salvare “ha bisogno di tanto amore perciò ricambierà il mio sentimento senza ribellarsi”.

Per il disabile non c’è solo la disabilità ma abbiamo le stesse necessità affettive relazionali e sessuali di tutti gli altri.



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